Ricordi di un viaggio a Torino, "capitale" europea
L’andata, in qualunque viaggio, è pulsante e smaniosa attesa. A volte persino minata da sensazioni moleste, date dall’incertezza, dal dubbio. Lo sguardo resta ancorato al paesaggio. Del resto, come è ben noto, non è la meta che conta, ma il viaggio. Il pellegrinaggio, in quanto metafora della vita, diventa lo scopo stesso.
E l’Italia è meravigliosa, da qualunque punto di vista la si guardi. In lungo e in largo, il paesaggio si fa espressione artistica ma anche fonte, sorgente di ispirazione e catalizzatore di emozioni e ricordi, persino quelli ormai creduti persi.
Non mi ero mai spinta oltre la bassa Pianura Padana, infatti ricordo l’accalorato sussulto che mi ha investito quando lo sguardo, ormai completamente impaziente, ha incontrato lo spettacolo delle Prealpi imbiancate.

Il cielo terso e il sole dominante, quasi vibrante, le rendevano ancora più accese ma - altresì assalite da una nebbiolina che, timida, saliva dal basso – addirittura fatate, magiche. Il tempo era stato generoso, regalandoci una giornata di pieno sole, dal sapore eccezionalmente, e inaspettatamente – non avrei mai osato chiedere tanto! – primaverile. Il vagone, nella tratta Milano-Torino, era pressoché vuoto, cosa che mi ha permesso di spostarmi più volte, in parte per godere, al massimo possibile, della bellezza del paesaggio e, in parte, perché ormai fremente per l’imminente arrivo a destinazione.
La prima cosa che mi ha colpito, una volta giunta alla stazione Porta Nova, è stata proprio la stazione: ordinata, tranquilla e, persino, accogliente. Quasi familiare.
